Monthly Archives: ottobre 2015

Thank you Australia. See you soon Xtractor

Missione compiuta. L’incredibile viaggio di 8500 km attraverso l’Australia é stato portato a termine. Un saluto speciale a questa terra e alla sua fantastica gente. Una menzione d’onore ai nostri innarrestabili McCormick ed a tutto il team Xtractor. Continuate a seguirci su Facebook aspettando il prossimo capitolo di Xtractor Around the World.

Giorno 40: Ayers Rock/Uluru – Alice Springs

Se ufficialmente l’impresa di Xtractor si è conclusa ai piedi del monolite sacro di Uluru, in realtà dobbiamo riportare i nostri trattori (e noi stessi) ad Alice Springs. Decidiamo di concludere l’opera in bellezza, optando per una pista sterrata apparentemente piu’ breve rispetto alla comoda ma noiosissima autostrada. In corso d’opera, per così dire, scopriamo di aver fatto una scelta un po’ azzardata che se non altro dimostra (mai ce ne fosse stato bisogno) che i nostri fidi trattori non si fermano davanti a niente. Ad Alice Springs arriviamo nel cuore della notte, dopo qualcosa come diciassette ore di guida. Così, veramente alla grande, si chiude il primo capitolo di Xtractor. L’appuntamento è alla prossima avventura!

Giorno 39: Erldunda – Ayers Rock/Uluru

Oggi sveglia alle 6, come ogni giorno, e come sempre finchè non si alza il sole l’aria è decisamente fresca. La temperatura a bordo dei nostri mezzi invece è rovente. E’ l’ultimo giorno della nostra avventura, almeno ufficialmente. Ci siamo dati come traguardo il monolite rosso che è un po’ l’emblema dell’Australia,  Ayers Rock o Uluru, com’è chiamato nella lingua locale degli aborigeni della zona. Partiamo appena fatta colazione: per noi coprire i 250 chilometri della tappa significa viaggiare per quasi sette ore e non vogliamo rischiare di perdere il tramonto! Il profilo inconfondibile della montagna sacra compare all’improvviso a qualche decina di chilometri dalla meta, seminascosto da una catena di dune rosse, ancora lontano, mentre la luce del pomeriggio comincia a farsi dorata. Arriviamo ai piedi del monte appena in tempo per vederlo fiammeggiare in un complesso gioco di luci e ombre mentre il sole scende lentamente e nel cielo perfettamente terso si alza uno spicchio di luna. Missione compiuta!

Giorno 38: Alice Springs – Erldunda

Penultima tappa oggi per gli uomini di Xtractor ed è ancora una volta deserto. Il paesaggio però è diverso, decisamente meno desolato rispetto alle lande bruciate dei giorni scorsi. Gli alberi anneriti lasciano il posto a cespugli bassi, verde intenso contro il rosso acceso delle dune di sabbia. Giorno dopo giorno le temperature sono salite fino a toccare i 37 gradi, per fortuna secchi e sempre ventilati. Forse l’ambiente ci sembra meno ostile semplicemente perchè la civiltà è più a portata di mano, a partire dalla splendida autostrada che punta dritta come un fuso verso sud. Questa volta abbiamo scelto la via più diretta verso la meta, quella meraviglia della natura che è Ayers Rock, e dato che ogni anno passano da qui decine di migliaia di turisti lungo i duecento chilometri della tappa di oggi ci sono ben tre punti di sosta. Un vero lusso!

Giorno 36: Tobermorey – Alice Springs

Nelle intenzioni avremmo dovuto fare tappa a un’altra fattoria altrettanto persa in mezzo al niente di Tobermoray, tappa obbligata per mancanza d’altro nel raggio di centinaia di chilometri. Abbiamo imboccato la statale 12, rigorosamente sterrata, nota anche come Plenty Highway che letteralmente significa dell’Abbondanza anche se in effetti l’unica cosa che non manca è il niente. O forse il nome si riferisce alla quantità davvero industriale di polvere e mosche. Fatto sta che quando arriviamo al ranch di Jervois, verso le 14, nessuno riesce a immaginare di passare una giornata sotto il sole cocente, ricoperti di mosche, a guardare il vento sollevare mulinelli di polvere tra i cespugli inariditi fino all’ora di infilarsi nel sacco a pelo. In dieci minuti si decide di fare il pieno ai mezzi e ripartire subito, non importa se Alice Springs dista oltre 340 chilometri e ne abbiamo già percorsi 228 da questa mattina. Saltiamo il pranzo, saltiamo anche la cena. Qualsiasi cosa pur di evadere da questo niente!  Viaggiamo fino a un tramonto di bellezzza rara, sobbalzando sullo sterrato sconnesso, poi con il buio ritroviamo l’asfalto e verso mezzanotte entriamo ad Alice Springs. Che sollievo! 570 chilometri, 15 ore di guida: ne valeva la pena.

Giorno 35: Mount Isa – Tobermorey

Ricomincia il viaggio nel niente, questa volta lungo una stradina stretta ma asfaltata che dopo qualche decina di chilometri ci riporta allo sterrato. A parte questo, lo scenario non cambia: deserto. Poi, all’improvviso, si materializza un cantiere stradale con tanto di segnaletica e grader al lavoro. La pista per un tratto si fa liscia, poi tutto ripiomba nella desolazione. Si torna al nulla. Dopo un centinaio di chilometri ecco apparire un minuscolo centro abitato, un’oasi di vita stretta intorno a un bizzarro baretto che sembra uscito da un film. Veranda scolorita, vecchie selle buttate lì, qualche avventore insonnolito dai tratti aborigeni. Ci fermiamo a bere una bibita fresca e poi ci ributtiamo nel niente. Mosche, vento caldo, silenzio, Sembra di essere soli al mondo e invece dopo un altro centinaio di chilometri ecco una fattoria. Di fronte a casa sono parcheggiati fianco a fianco un paio di mucche e un piccolo elicottero (ce l’hanno tutti, per le emergenze). C’è una pompa di benzina, un prato inaspettatamente verde dove campeggiare, un paio di container con toilettes e docce. Lusso sfrenato da queste parti. Apriamo le tende sotto un cielo scintillante di stelle.

Giorno 34: Julia Creek – Mount Isa

Una giornata di viaggio attraverso la solita desolata monotonia della piana arida ci proietta dal piccolo centro rurale di Julia Creek (due strade, un pub, non un’anima in giro alle sette di sera) a Mount Isa, uno dei principali poli industriali del paese. In oltre 250 chilometri attraversiamo un solo centro abitato, poi il traffico aumenta e soprattutto si moltiplicano camion e trasporti eccezionali di macchinari da miniera. Nata appena novant’anni fa intorno a una compagnia mineraria, Isa è al centro di una regione che produce rame, piombo, argento e zinco, oltre a carni bovine di altissima qualità. A noi francamente non sembra questo granchè, ma è molto probabile che domani la rimpiangeremo. Torneremo a viaggiare per strade sterrate dove gli insediamenti umani si contano sulle dita di una mano, ottocento chilometri in mezzo al niente con un obiettivo ben preciso: Alice Springs. Il traguardo si avvicina.

Giorno 33: Hughenden – Julia Creek

Imbocchiamo la Flinders Highway, la strada che seguiremo per centinaia di chilometri, un nastro d’asfalto che dalla costa punta a ovest, dritto come un fuso verso il cuore rosso del continente. Il paesaggio riesce ad essere ancora più desolato rispetto a ieri: escono di scena gli alberi, lasciandosi dietro un oceano di erba ingiallita. Il traffico oggi è un po’ più sostenuto, una cinquantina di auto in tutto il giorno. Il grande evento della giornata è il passaggio di ben due treni. Fa caldo, tira un vento secco che fa rotolare cespugli secchi come nei film western di un tempo. Ma quando ci lamentiamo della temperatura con la gente del posto ci guardano divertiti – caldo questo? Provate a ripassare in estate…

Giorno 32: Lyndhurst – Hughenden

Se ieri ci è sembrato di viaggiare in mezzo al nulla, oggi va anche peggio (o meglio, a seconda dei punti di vista). La strada parte bene, ma a qualche chilometro dalla roadhouse dove abbiamo dormito l’asfalto finisce e comincia una lunga pista sterrata, perfettamente dritta, fiancheggiata dal solito paesaggio vagamente spettrale fatto di alberi rinsecchiti dalla corteccia annerita da qualche vecchio incendio. Per tutti i 263 chilometri della tappa di oggi la strada alterna tratti asfaltati e sterrato di terra a volte bianca, a volte rossa, ma non incontra nessun paese. Incrociamo in tutto una dozzina di veicoli, tra cui un camion sterminato. Per il resto solo mucche magre, termitai e parecchi canguri che attraversano la strada saltellando. Vento secco, polvere e silenzio.

Giorno 31: Mount Garnet – Lyndhurst

La prima sorpresa di oggi e’ il freddo: alle 6, quando suona la sveglia, l’aria e’ decisamente fresca, ma nel giro di un paio d’ore tutto torna normale e ora di mezzogiorno ci sono i soliti 28 gradi, forse anche qualcosa di piu’. Percorriamo una strada secondaria poco battuta, il traffico e’ scarsissimo. Mount Garnet, il piccolissimo paese dove abbiamo dormito, e’ l’ultimo centro abitato che incontreremo per i prossimi quattrocento chilometri. Il paesaggio e’ arido, macchia punteggiata da alberi rinsecchiti, termitai di terra rossa. E’ la siccita’. Sono tre anni che non piove, ci spiega un vecchio allevatore che andiamo a scovare nel suo ranch lungo la strada e il bestiame comincia a risentirne. La stagione delle piogge dovrebbe cominciare a novembre: speriamo per il nostro amico Don (e tutti gli altri) che quest’anno arrivi. Stasera si dorme in unaroadhouse, una sorta di locanda che combina pompa di benzina, ristorante e punto di sosta con qualche camera e piazzole per i camper. Tutto intorno il nulla. La dividiamo con camion giganteschi, tre-quattro rimorchi, bestioni a 18 ruote. E’ l’outback, baby!